Territorio
Territorio
Per estensione prevalgono le aree montuose ricche di giacimenti metalliferi e ricoperte da foreste tipiche di quest’area mediterranea, con prevalenza di lecci, agrifogli, corbezzoli e ginepri. Particolarmente estesa è quella di Pantaleo, compresa nell’area del Parco di Guturu Mannu, parte di una delle foreste più grandi d’Italia, estesa per 35 mila ettari senza soluzione di continuità.
In questa località nasce il Riu Mannu di Santadi, un corso d’acqua a carattere torrentizio di vasta portata, che con i suoi affluenti alimenta il bacino artificiale di Monte Pranu per sfociare tra canneti e giunchi, salici, pioppi e ontani, nel Golfo di Palmas. A nord-est dei suddetti rilievi montuosi si apre una vasta e fertile piana di Su Pranu, prevalentemente occupata da colture olearie e vitivinicole, tra le quali eccelle quella del Carignano.
Le origini geologiche del territorio di riferimento risalgono a circa 500 milioni di anni fa, come testimoniato dagli affioramenti di calcari e scisti nei territori di Nuxis, Santadi, Piscinas, Giba, Masainas, Sant’Anna Arresi e Teulada. Sono presenti importanti affioramenti granitici, in particolare nella zona di Barrancu Mannu e formazioni createsi con l’urto dell’Orogenesi Alpina, in particolare le strutture distensive nella piana, chiamata anche Fossa di Giba, che non subisce però l’invasione marina per via di una serie di rilievi e ondulazioni paleozoiche parallele alle faglie del Campidano (soglia di Siliqua). Sono presenti formazioni di vulcaniti tra Santadi, Nuxis, Villaperuccio e Narcao, come gli altipiani riolitici che caratterizzano Monte Narcao, Montessu, Sa Pranedda e Pani Lòriga, e importanti depositi sedimentari, costituiti da argille bianco-giallastre e arenarie, dovute all’erosione del massiccio paleozoico appartengono all’Oligocene. Durante il Quaternario si formarono delle zone alluvionali di origine fluviale lungo la valle del rio Mannu-Palmas e dei suoi affluenti, dando al territorio l’attuale conformazione.
Simbolo del Comune di Santadi è il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), rappresentato nel gonfalone, ad indicare la ricchezza faunistica delle vaste foreste che ricoprono parte del territorio. Oggi il l’artiodattilo è presente in tutto il territorio montano con un numero consistente di esemplari, ma negli anni cinquanta ha rischiato l’estinzione a causa di una caccia indiscriminata. I boschi sono anche l’habitat naturale del cinghiale (Sus scrofa meridionalis), che divide il territorio con la volpe (Vulpes vulpes ichnusae), la lepre (Lepus capensis), il gatto selvatico (Felis silvestris sarda), la donnola (Mustela nivalis boccamela) e molti altri piccoli mammiferi, mentre sulle montagne volteggiano aquile (tra cui Aquila crysaetos e Hieraaetus pennatus), poiane (Buteo buteo) e falchi (tra cui Falco peregrinus).
La tomba di giganti di Sa Fraigada in località Barrancu Mannu – Santadi
Un piccolo gioiello di architettura funeraria dell’età nuragica. Così può essere definita la tomba di giganti di Sa Fraigada inserita in un contesto naturalistico e archeologico di grande fascino in località Barrancu Mannu in territorio di Santadi. Il sito, che si estende per circa otto ettari, è caratterizzato da affioramenti granitici del tipico colore giallo-rosa e da una generosa macchia mediterranea, fra la quale si scorgono facilmente i resti archeologici di possenti muraglie megalitiche, capanne e vecchi medaus e furriadroxus, le tipiche case dei contadini e dei pastori in uso fino al secolo scorso.
La tomba, mai indagata archeologicamente, fu edificata disponendo a filari grandi blocchi irregolari di granito per un’altezza che raggiunge quasi i cinque metri e per una lunghezza massima di diciotto. Nella poderosa architrave che sormonta l’ingresso presente nell’abside è presente una singolare coppella di forma ellittica. All’interno la camera è perfettamente conservata con i muri ad aggetto e copertura con grandi lastre di granito.
La denominazione “tomba di giganti” ha radici antiche, risalenti almeno al Medioevo, ed è da ricondurre alla leggenda che riconosce proprio nei Giganti i costruttori di queste monumentali tombe. Storie locali e credenze popolari hanno alimentato il mito secondo il quale sarebbero state anche luogo di culto per la celebrazione del rito dell’incubazione.
La tomba di sa Fraigada è stata di recente oggetto di un intervento di valorizzazione. Per poterla visitare: da Santadi ci si dirige nella frazione di Terresoli e, dopo circa 4 km, si giunge alla frazione di Barrancu Mannu. Da qui una strada di penetrazione agraria conduce in corrispondenza di uno spiazzo dove sono presenti cartelli informativi sul sito e sul percorso.
La Grotta Pirosu in località Su Benatzu
Esplorata per la prima volta nel giugno del 1968 da tre membri del gruppo Speleologico A.S.I. di Iglesias Antonio Assorgia, Sergio Puddu e Franco Todde, la grotta di tipo carsico, si apre sul fianco occidentale della collina che domina la valle di Su Benatzu, 6 Km a sud del paese di Santadi e vicina alle più note grotte di Is Zuddas e Monte Meana. L’attuale ingresso permette di accedere alla cavità dall’alto, ad una quota di 130 m. slm ma l’antico accesso doveva aprirsi ad una profondità di circa 95 m., nello stesso livello di quella che fu soprannominata La Sala del Tesoro. Qui gli speleologi scoprirono diverse sale naturali con le pareti ricoperte della fuliggine prodotta da antichi focolari e una stalagmite venne usata come altare votivo. Un pozzetto naturale raccoglieva le acque di infiltrazione e cumuli di cenere e ossa semicombuste di animali testimoniavano la pratica di sacrifici. Seminascosti dalle ceneri dei focolari furono trovati oltre duemila vasi di età nuragica accatastati in cumuli e centonove oggetti in rame, bronzo e oro, tra cui armi (pugnali, spade, stiletti, cuspidi di lancia), oggetti ornamentali (bracciali, anelli, spilloni, fibule, grani di collana) e oggetti votivi. Tra i reperti in bronzo più significativi un tripode di tradizione cipriota, decorato con di motivi geometrici, testine di bue e pendenti a sfera, una navicella-lucerna con protome d’ariete, pugnali con elsa gammata e uno specchietto. Tra i pochi in oro un anellino crinale, una laminetta rettangolare decorata a trecce e un piccolo bottone. Attualmente la grotta è chiusa al pubblico per motivi di sicurezza.
La grotta di Monte Meana – Santadi
A poca distanza dalle più note Grotte di Is Zuddas si trova la grotta di Monte Meana nota per il rinvenimento negli anni ’70 di tre statuine femminili in osso nello stile delle “braccia conserte” attestanti una frequentazione della grotta durante il Neolitico Medio II (seconda metà del V millennio a.C.).
Dal 2008 al 2012 si sono succedute cinque campagne di scavo coordinate dalla prof.ssa Giuseppa Tanda dell’Università di Cagliari, sostenute dal Comune di Santadi e dalla Cantina Santadi. Nonostante la grotta sia stata duramente compromessa negli anni ʼ50 dalle attività di cava per l’estrazione dell’onice, l’indagine di scavo ha permesso di individuare alcuni residui lembi archeologici della prima età del Bronzo (fasi culturali di S. Iroxi e di Sa Turricula).
Di rilievo la scoperta di un focolare per uso domestico con numerosi frammenti ceramici quasi tutti riconducibili a forme intere, strumenti ricavati da ossa di ovicaprini, Prolagus sardus, semi carbonizzati di cereali coltivati (Hordeum vulgare, Triticum aestivum/durum), legumi (Pisum sativum, Fabaceae) e di frutta selvatica (Ficus carica, Vitis vinifera).
A pochi metri dal focolare è stata individuata una piccola e circoscritta area di ceneri e carboni con alcune scorie metalliche di rame; su altro vicino settore un pugnale ed una lesina in rame, oggi esposti al Museo Archeologico di Santadi. La datazione C14 ottenuta su un carbone prelevato dal focolare metallurgico attesta un momento di frequentazione nell’ambito della fase di Sa Turricula (XVIII sec. a.C.).
La frequentazione della grotta di Monte Meana mostra uno spaccato di vita di una comunità delle fasi medio-iniziali dell’età del Bronzo stanziatasi nell’area Santadese, sono attestate attività di cucina, di consumazione dei pasti, di conservazione dei cibi ma anche di piccole attività artigianali. come sembrano suggerire gli strumenti in osso, forse utilizzati per cucire indumenti. Nel secondo momento, collocabile nella successiva fase Sa Turricula, venne realizzato un piccolo impianto per l’attività metallurgica.
Dopo l’indagine di scavo non hanno fatto seguito interventi di valorizzazione. La grotta, non segnalata, è raggiungibile dalla strada provinciale 70 che da Santadi porta a Teulada dopo circa 500 metri dallo svincolo per le grotte di Is Zuddas.
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